È nato per voi un salvatore
La nascita non è altro che linizio di una presenza. Nella nascita cè già tutto. Ma nello stesso tempo non cè ancora nulla, almeno dal punto di vista del risultato pratico. Langelo che annuncia una grande gioia promette ai pastori un segno: un bambino, circondato da cure affettuose. È poco, ma è anche tutto.
La visione complessiva
La lettera a Timoteo riassume in una unica affermazione il grande mistero della salvezza: è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini (I lettura della Messa della notte). Ad essa fa eco la lettera a Tito, nella Messa dellaurora: apparvero la misericordia di Dio e il suo amore per gli uomini. La stessa visione complessiva appare nel vangelo della Messa del giorno: E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. E la seconda lettura della Messa del giorno riassume così: ultimamente, in questi giorni, Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Ma potremmo chiederci qual è laspetto specifico del Natale nel mistero della salvezza, su cui la liturgia invita a soffermarsi con particolare attenzione.
Il dettaglio specifico: in principio
Uno sguardo attento alle letture bibliche ci conduce a scoprire che langolatura specifica sotto cui siamo, nel Natale, invitati a osservare il mistero della salvezza sia quella del principio, dellinizio: inteso certamente come fondamento essenziale, ma anche, molto semplicemente, come inizio temporale, caratterizzato da unestrema limitazione nel tempo, nello spazio, nelle facoltà. Riprendendo la lettera agli Ebrei possiamo dire che nel Natale Dio ci parla. Ma il bimbo che è nato non è ancora un discorso, non è ancora dottrina, non è ancora neppure una frase di senso compiuto. Potremmo paragonarlo ad una semplice sillaba, la sillaba originaria: un sì. Nel Natale contempliamo il sì originario di Dio: sì all'uomo, sì al mondo, sì al perdono, sì al rinnovamento dellalleanza. Anche lapostolo Paolo, in un passaggio famoso, dice che «in lui cè solo il sì» (
2Cor 1,19-20):
Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu "sì" e "no", ma in lui vi fu il "sì". Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono "sì". Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro "Amen" per la sua gloria.
Da quel sì originario tutto può partire, o ripartire: tutte le promesse divine riprendono slancio. Ma anche la nostra fede ha un inizio semplicissimo: lAmen con cui si riconosce la giustizia e la gloria di Dio.
Al principio della nostra fede
Tutto comincia con una presenza. Un semplicissimo legame. Un segno minimo, ma potente. Il sì di Dio, fatto carne in Gesù, determina uninversione della storia. Come un pulsante che fa esplodere una bomba. Come un semplice tasto, che accende la comunicazione. Le parole semplici, ma dense del prologo di Giovanni ci dicono che tutta la realtà, tutto ciò che vediamo, che sperimentiamo, che costruiamo, deriva da Dio, ha la sua origine in lui: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui», perché tutto nasce dalla volontà di Dio di comunicarsi, di trasmettere il suo amore. «In lui era la vita» aggiunge, perché il semplice fatto di vivere è bello, è importante e dà gioia, ma egli ci dona un sovrappiù di vita, una vita in pienezza: a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. Se solo anche noi accettassimo di dire il nostro «Sì»! È lo stesso che dire «Credo, Amen, mi affido a te, Signore».
Il rimando alla risurrezione
Come il Verbo di Dio, fatto carne, comincia con lessere un bambino, e noi siamo chiamati a contemplare la potente semplicità di quellinizio; così anche la nostra fede comincia con lessere, per così dire, bambina, piccola, limitata, anche se ha in sé la potenzialità di crescere. Come dire, oggi il nostro sì al Signore? Come potremo permettere alla nostra fede di ripartire? Potrebbe essere un gesto estremamente circoscritto, eppure potente, non di una forza nostra, ma della potenza di Dio. Potrebbe bastare una preghiera davanti al presepe; un abbraccio ai familiari, una preghiera questa sera, la confessione dopo tanti anni
o forse anche un saluto a chi avevamo lasciato perdere, il perdono a una persona che ci ha fatto un torto, e a cui torniamo a fare gli auguri
il più semplice degli assensi di fede a Dio, ci porta molto lontano: oltre il Natale, fino alla Pasqua. Se cominciamo davvero ad amare come Gesù ama, prima o poi ci sarà chiesto il dono della vita
Come ha fatto Gesù, che da unobbedienza al Padre ad unaltra, arriva a morire e risorgere per manifestarci il suo perdono, per invitarci a perdonare e a lasciarci perdonare. Dalla semplicità dellinizio siamo rimandati alla profondità della fine. Dal balbettare iniziale siamo passati a un grande discorso: ma la parola chiave è ancora il sì, il sì dellamore. Gesù accetta di compiere la volontà del Padre, fino alla morte, e alla morte di croce. Fino alla risurrezione. Il bambino mostra già, in tutta la sua drammaticità, il percorso che porta alla croce e alla glorificazione.