UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Per l'Anno della fede : la gioia del credere

La gioia del legame ritrovato La gioia del credere, intesa come ritrovamento del legame tra l’uomo e Dio. Il legame che nella storia dell’umanità, fin dalle origini, si è continuamente spezzato, viene ora riannodato nell’uomo-Dio, nella piccolezza del Figlio che ci è stato dato.  Dal Catechismo della Chiesa Cattolica [521] Tutto ciò che Cristo ha vissuto, egli fa […]
12 Novembre 2012
La gioia del legame ritrovato
 
La gioia del credere, intesa come ritrovamento del legame tra l’uomo e Dio. Il legame che nella storia dell’umanità, fin dalle origini, si è continuamente spezzato, viene ora riannodato nell’uomo-Dio, nella piccolezza del Figlio che ci è stato dato.
 
 
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica
 
[521] Tutto ciò che Cristo ha vissuto, egli fa sì che noi possiamo viverlo in lui e egli lo viva in noi. «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo» (GS 23). Siamo chiamati a formare una cosa sola con lui; egli ci fa comunicare come membra del suo Corpo a ciò che ha vissuto nella sua carne per noi e come nostro modello:
Noi dobbiamo sviluppare continuamente in noi e, in fine, completare gli stati e i Misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti lui stesso a compimento in noi e in tutta la Chiesa…Il Figlio di Dio desidera una certa partecipazione e come un’estensione e continuazione in noi e in tutta la sua Chiesa dei suoi Misteri mediante le grazie che vuole comunicarci e gli effetti che intende operare in noi attraverso i suoi Misteri. E con questo mezzo egli vuole completarli in noi.
 
 
La rottura del legame
 
Molta dell’infelicità e nostalgia che regnano nel cuore di tante persone derivano proprio dalla rottura del legame con Dio. E molta dell’infelicità e della tristezza che paradossalmente colpiscono anche i credenti, derivano proprio da un modo deviato di vivere la relazione fondamentale: o per un eccesso di zelo misticista, o per un eccesso di impegno sociale e preoccupazione mondana, o perché qualche settore della vita resta fuori dall’incontro con lui. Senza Dio, si apre un vuoto nella vita. Ma a volte non si ha il coraggio di fare i passi necessari a colmarlo.
 
 
Felici senza Dio?
 
Rileviamo anche l’autosufficienza orgogliosa e indifferente di chi ritiene di poter fare a meno di Dio. A volte siamo tentati di desiderare che intervenga qualcosa di negativo a scuoterli dal loro piedistallo. Il bambino che nasce a Betlemme suggerisce una via differente. Egli viene innanzitutto come povero per i poveri, ed è accolto innanzitutto dai pastori: loro per primi gustano la gioia “che sarà di tutto il popolo”; essi per primi, perché essi credono alle parole dell’angelo, e corrono a vedere ciò che gli altri ignorano e vogliono ignorare.
 
 
“Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua …”:
 
A partire dall’incarnazione emerge una nuova modalità di azione e di relazione nel mondo. Cristo infatti ha scelto di entrare nella storia non partendo dai grandi e dai potenti, non secondo la modalità del dominio, ma ponendosi stabilmente dalla parte dei più poveri. Gesù nella sua predicazione assicura che neppure un bicchiere d’acqua donato nel suo nome sarà dimenticato; e nella famosa parabola del giudizio, che troviamo nel vangelo di Matteo al capitolo 25, pronuncia le sconvolgenti parole: “Ogni volta che avrete fatto una di queste cose ad uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Il re, il giudice del mondo, rivela una sorta di presenza “passiva” nella storia, identificandosi con il povero in attesa di aiuto. Una simile modalità di presenza è proprio quella che siamo invitati a contemplare nel Natale: un bambino bisognoso di essere accudito. Ma che cos’è agli occhi del mondo la semplice azione di accudire un bimbo? E dare un bicchiere d’acqua a un assetato? O un boccone all’affamato? Probabilmente dovremmo rispondere, poco più di nulla. Così come è nulla, agli occhi del mondo, l’adorazione dei pastori.
 
 
… Nel mio nome
 
Ma la presenza di Gesù indica che una nuova storia sta iniziando, e che in questi piccoli gesti sta fermentando irresistibilmente il Regno di Dio. Il nome di Gesù è uno dei più semplici e antichi mezzi di esprimere il legame tra la presenza di Dio e l’esistenza concreta degli uomini. Tutto ciò che può essere fatto nel nome di Gesù è una cosa buona. Tutto ciò che non può essere fatto nel nome di Gesù è, molto probabilmente, una cosa cattiva. Eppure tante volte nella storia quel nome è stato profanato, se ne è abusato; ma molto di più (anche se più nascostamente) esso ha trasfigurato e ricondotto al Padre la vita quotidiana di milioni di credenti. Tra essi possiamo oggi esserci anche noi.
 
 
Prendere per mano
 
Il nome di Gesù rimane dunque come una forza potente dentro le vicende umane, e le indirizza e orienta in maniera nuova. Gesù comincia a farsi accudire come il più piccolo e bisognoso dei bimbi, per poter inaugurare la sua presenza nella storia, e prendere per mano l’umanità ferita, fino a condurla a piena guarigione.
Ma noi ci lasceremo condurre?