La gioia di cercare
I magi si mettono in ricerca, e la loro ricerca è già un principio di fede: essi danno credito al segno che hanno visto, e partono per un lungo viaggio. Erode, al contrario, mostra leffetto della paura di cercare, che costringe a restare fermi sulle proprie posizioni.
Brano dal Catechismo della Chiesa Cattolica per la solennità dellEpifania
[1877] La vocazione dellumanità è di rendere manifesta limmagine di Dio e di essere trasformata ad immagine del Figlio unigenito del Padre. Tale vocazione riveste una forma personale, poiché ciascuno è chiamato ad entrare nella beatitudine divina; ma riguarda anche la comunità umana nel suo insieme.
[1878] Tutti gli uomini sono chiamati al medesimo fine, Dio stesso. Esiste una certa somiglianza tra lunione delle Persone divine e la fraternità che gli uomini devono instaurare tra loro, nella verità e nella carità (cf. Gaudium et Spes, 24). Lamore del prossimo è inseparabile dallamore per Dio.
La gioia del cammino
I magi conoscono la gioia di cercare, trovare, adorare, dopo un lungo cammino. Essi sperimentano una grande gioia proprio perché hanno avuto il coraggio di mettersi in viaggio. La sicurezza del potere impedisce di trovare una gioia più grande. Il paradosso è che proprio gli abitanti di Gerusalemme, gli anziani e i sacerdoti, insieme ad Erode, condividono la stessa paura e la stessa incapacità di uscire dalla propria sicurezza.
Il coraggio di partire
Ogni persona che si mette autenticamente in cammino, in realtà si mette alla ricerca di una pienezza di vita, di un modo per essere felice; anche se non lo sa, sta cercando Dio. Le grandi trasformazioni del nostro tempo e il ritmo velocissimo con cui avvengono sono testimoni appunto di una ricerca che continua, di un desiderio di pienezza che non trova sbocco, a volte anche di una insoddisfazione che non comprende le proprie ragioni. Riscontriamo dunque un desiderio, unaspirazione, un movimento: ma forse è mal indirizzato, non tale da potersi definire un cammino. Laspirazione profonda viene anestetizzata dallacquisto di oggetti, dal consumo di esperienze e di emozioni; ma non si arriva davvero a partire, abbandonando le proprie certezze.
Una fede bloccata
Anche i credenti a volte vivono lo stesso scacco: o perché sedotti dalle illusioni, oppure perché chiusi e ripiegati in una pratica religiosa cristallizzata, che non si nutre più della parola divina, del genuino senso della liturgia, ma di ritualità e devozioni fini a se stesse, della collocazione rassicurante nel nido di un gruppo di eletti. Vediamo il pericolo di una pratica e di unappartenenza religiosa ridotta a bene di consumo. Ma chi ha smesso di cercare Dio, chiuso in una fede fatta di formule, vive davvero da discepolo di Cristo?
Una fede chiusa
Si può smettere di cercare Dio anche chiudendo la propria vita in un circolo ristretto e settario. Una fede che non accetta di crescere, di espandersi, di aprirsi alla condivisione, rischia di isterilirsi, di diventare una caricatura. Pur rispettando i percorsi differenti di ogni persona, occorre avvertire i fratelli di fede, i gruppi, i movimenti, le parrocchie che vivono un simile atteggiamento di chiusura e di implosione.
La fede aperta alla ricerca e alla sfida
Per sua natura invece la fede tende a un compimento universale, e quindi ripropone sempre nuove sfide, apre sempre nuovi orizzonti. Limmagine più bella del dinamismo innescato dal credere autentico può essere lapostolo Paolo: egli, che pure aveva incontrato il Risorto in una maniera del tutto speciale, non cessò mai di viaggiare per portare il vangelo a coloro che ancora non lavevano conosciuto, di seguire limpulso dello Spirito che sempre lo conduceva oltre.
La tensione al compimento
La fede, dunque, per se stessa, ci mette in ricerca. Apre alla curiosità, al dialogo, allincontro dei popoli e delle culture, nella certezza che tutti sono chiamati da Dio. Dio stesso è in cerca dellumanità perduta, come il pastore va in cerca della pecorella, la donna della moneta, il padre del Figlio. I credenti non possono se non essere dei cercatori, per se stessi, per i fratelli, per il mondo.
Per se stessi, perché più procedono nella loro esperienza di vita, più scoprono la propria fragilità e fanno propria la preghiera dei discepoli: «Aumenta la nostra fede». Per i fratelli, perché anche se raggiungessimo il vertice della contemplazione e del contatto con Dio, come Gesù sul monte della trasfigurazione, di nuovo saremmo ricondotti indietro, a testimoniare ciò che ci è stato donato. La ricerca della perfezione diventa inevitabilmente ricerca del fratello perduto, in difficoltà, ad imitazione del Buon Pastore. E infine, anche per il mondo. Da sempre i credenti non si limitano ad una vita buona per sé e per la propria comunità, ma spandono nel loro ambiente il buon profumo della vita buona del Vangelo: in ogni parte del mondo innumerevoli schiere di innamorati di Cristo contribuiscono al bene comune attraverso scuole, ospedali, opere caritative e sociali, mettendosi in ricerca, insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, dei modi per costruire un mondo più umano e più giusto, in attesa dei cieli nuovi e terra nuova.