UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

5 gennaio – II Domenica di Natale

L'Assemblea dei Santi Spunti biblici Una sosta meditativaLa seconda domenica dopo Natale si configura come una sosta meditativa, nel contesto di grandi celebrazioni, che inevitabilmente assumono maggior rilievo (Natale, Madre di Dio, Epifania). La figura biblica su cui mediteremo è quella dei “figli amati”, che appare in filigrana in tutte le letture. Il mistero del Natale si […]
10 Dicembre 2013
L'Assemblea dei Santi
 
Spunti biblici
 
Una sosta meditativa
La seconda domenica dopo Natale si configura come una sosta meditativa, nel contesto di grandi celebrazioni, che inevitabilmente assumono maggior rilievo (Natale, Madre di Dio, Epifania). La figura biblica su cui mediteremo è quella dei “figli amati”, che appare in filigrana in tutte le letture. Il mistero del Natale si riverbera sulla comunità dei credenti, costituendoli come “assemblea dei santi”: coloro che brillano della santità di Dio.
L’assemblea dei santi è una potente figura biblica, che in tempi oscuri ha illuminato la speranza e orientato a perseverare nella fede. Il termine, preso dalla prima lettura, esprime una realtà che pervade tutta la liturgia della Parola, e tende a coinvolgere gli ascoltatori, perché si riconoscano essi stessi come parte di essa.
 
La sapienza nell’assemblea dei santi
La prima lettura sgorga dalla più matura riflessione teologica di Israele. La sapienza personificata dice da un lato l’insondabilità del mistero di Dio, assolutamente trascendente, non mescolato con il mondo, non manipolabile dalle parole o dai pensieri umani; ma dall’altro lato il Dio assoluto ed eterno è sorprendentemente coinvolto, legato alla storia di Israele, costantemente presente nel mondo attraverso il segno di un popolo che gli appartiene, attraverso il suo spirito che opera nel creato.
Approfondire la ricerca sul mistero di Dio conduce anche alla scoperta dell’identità del suo popolo: il popolo in cui Dio abita, in cui prende dimora la sua sapienza, è un popolo di “eletti” e di “santi”. Istintivamente si recepiscono queste nozioni in senso negativo: parlare di eletti evoca un’ingiusta preferenza e una pregiudiziale esclusione di alcuni; parlare di “santi” evoca un modello di perfezione inaccessibile.
Il senso del testo del Siracide sembra essere l’opposto: parlare di elezione e parlare di santità permette di salvare l’identità di Israele, al di là dei suoi limiti e delle sue infedeltà. Anche se è un popolo peccatore, Israele è stato scelto ed è Dio stesso che lo santifica, lo fa corrispondere alla propria identità, lo chiama a partecipare della propria santità.
L’assemblea dei santi è una figura dinamica, un termine che genera una tensione e accende la speranza, anche al di là delle sue parziali realizzazioni; e a partire dalla resurrezione di Cristo, può essere esteso da Israele a tutti i popoli.
 
Ha dato il potere di diventare figli di Dio
Il prologo di Giovanni annuncia la novità sconvolgente del Vangelo: essere parte dell’assemblea dei santi significa essere “Figli di Dio”, coloro che “non da sangue... ma da Dio sono stati generati”. Nel Cristo risorto tutti hanno la possibilità di essere rigenerati come figli di Dio. Ciò che era promesso dalla Sapienza, si realizza nel Cristo, parola vivente, Verbo fatto carne, che accoglie personalmente coloro che sono chiamati a diventare figli di Dio.
 
“Con ogni benedizione spirituale”
L’apertura della lettera agli Efesini ci consente di misurare in tutta la sua ampiezza il progetto di Dio. Pur rivolgendosi a destinatari determinati, Paolo allarga la visione a tutte le chiese che nel frattempo si sono formate, e anche al futuro, al “tesoro di gloria” che racchiude “la sua eredità fra i santi”. Anche in questo brano la santità non va intesa principalmente come perfezione morale, da raggiungere con uno sforzo volontaristico: è prima di tutto un dono di Dio, che ci raggiunge nella benedizione spirituale” conferita da Cristo stesso. Il messaggio di Paolo è chiaro: lo Spirito, dono del Risorto, ci rende “santi”; solo lui può “illuminare gli occhi del cuore”, perché si risvegli in noi il dono di grazia.
 
Per gli educatori:
l'ascolto profondo, di Dio e dei fratelli
 
Non solo sondaggio e marketing
L’ascolto è una delle doti fondamentali dell’educatore. Solitamente ciò viene inteso in senso prevalentemente tecnico e professionale: conoscere le persone a cui si è destinati, ascoltare i ragazzi, gli adulti, i bambini, le varie categorie di destinatari a cui si è inviati. Tuttavia, proprio partendo dall’ascolto del destinatario, ci si rende conto che non può essere ricondotto tutto ad una sorta di - pur benefico - marketing.
L’esperienza concreta dell’ascolto delle persone e delle situazioni conduce ad andare più in profondità, in ascolto del progetto di Dio. A questo livello si colloca prevalentemente Maria, risultando, peraltro, sorprendentemente efficace. Lei che non si pone direttamente come educatrice, risulta straordinariamente educativa, mettendosi al servizio pieno del progetto di Dio.
 
Il rifiuto di essere bisognosi
Molto spesso, anche se si usano le massime attenzioni e la più grande disponibilità, l’azione formativa viene rifiutata. Anche il bisognoso estremo, che pure si trova nella massima indigenza, non si adatta facilmente ad essere indirizzato verso modalità di vita nuove. Il formatore è percepito come uno che viene ad imporre dall’esterno la sua convinzione. Tutto cambia se insieme ci si mette in ascolto del progetto di Dio. Di fronte a lui non esistono formatori e formati, non esiste chi aiuta e chi è aiutato, non esiste il sapiente e l’ignorante: tutti sono chiamati ad essere in cammino verso la realizzazione piena della sua verità. Maria, umile serva del Signore, è straordinariamente efficace ed educativa proprio per questo: non ci appare con verità da insegnare, con schemi da apprendere, ma indica il progetto comune, il progetto di Dio che ci riguarda tutti, restando serva e discepola.
 
Il successo di un’indicazione
Alle nozze di Cana, Ella indica semplicemente il modo di rivolgersi a Gesù. Sarà lui ad agire. Ai piedi della croce, la Vergine insegna semplicemente con il suo stare accanto a chi soffre. Nella prima comunità, secondo la narrazione degli Atti degli Apostoli, la vediamo semplicemente stare in preghiera con la comunità dei discepoli. Dicevamo prima: massimamente educativa, senza assumere il ruolo di educatrice: perché costantemente abitata dall’ascolto e dal servizio alla parola.
Ciò che è esigito è la fecondità, non un semplice risultato pratico. Cristo deve nascere in noi, come è nato in Maria. L’educatore è colui che per primo vive la forza della parola che si manifesta.
Anche la preghiera dialogante è importante: Maria si interroga sulle parole dell’Angelo, e ci viene presentato un vero e proprio processo di discernimento, che si conclude con l’accoglienza del suo progetto.
Ogni educatore credente è dunque chiamato a vivere il suo servizio restando costantemente in atteggiamento di ascolto, come Maria, senza pretendere di esaurire la propria identità in una serie di azioni o in un ambito professionale, ma mettendosi integralmente a disposizione del progetto di Dio, nella sua interezza.