UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Ascensione

“Egli si mostrò a essi vivo” (Atti 1,3).“Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro” (Mc 16,20).“Gesù Cristo è la via, che conduce ciascuno alla piena realizzazione di sé secondo il disegno di Dio. È la verità, che rivela l’uomo a se stesso e ne guida il cammino di crescita […]
15 Febbraio 2012
“Egli si mostrò a essi vivo” (Atti 1,3).
“Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro” (Mc 16,20).
“Gesù Cristo è la via, che conduce ciascuno alla piena realizzazione di sé secondo il disegno di Dio. È la verità, che rivela l’uomo a se stesso e ne guida il cammino di crescita nella libertà. È la vita, perché in lui ogni uomo trova il senso ultimo del suo esistere e del suo operare: la piena comunione di amore con Dio nell’eternità” (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 19).
 
 
Spunti dalle letture
 
La solennità dell’Ascensione, pur inserendosi nell’unità dei cinquanta giorni del tempo di Pasqua, illumina con particolare luce le conseguenze permanenti della risurrezione di Cristo. Esse si manifestano soprattutto nella Chiesa, ma si estendono all’umanità intera, anch’essa chiamata a diventare corpo di Cristo, e a lasciar tarsformare la sua storia di competizione e distruzione in storia di salvezza, verso la pace dei figli di Dio.
 
Un annuncio chiaro emerge dalla Parola divina: il Risorto è vivo, ed agisce in chi si mette al suo servizio; in chi, non per suo merito, è chiamato ad essere testimone della sua grazia. L’immagine tradizionale che ci viene consegnata è che il Risorto “siede alla destra del Padre”: da un lato si esprime la sconvolgente realtà della “nostra umanità innalzata” (cf. Prefazio dell’Ascensione); dall’altro, si esprime il suo dominio sulla storia. Un dominio pacifico, non oppressivo, che si esercita soprattutto attraverso la costituzione di una comunità capace di immettere nella storia i segni del rinnovamento e del ritorno a Dio.
 
Appena dopo la risurrezione vediamo come sia determinante l’azione degli apostoli, testimoni del Risorto: sono loro i primi educatori della Chiesa nascente; ma sia negli Atti degli Apostoli, sia nella conclusione del vangelo di Marco, constatiamo l’apertura di una prospettiva universale. Tutto il mondo è destinatario dell’annuncio; ogni credente è al servizio del Risorto, ed è chiamato a diventare protagonista dell’opera di evangelizzazione e di formazione. Nelle circostanze particolari del nostro tempo, la dimensione comunitaria risulta particolarmente importante. Nella crescente globalizzazione e interdipendenza, non è più possibile educare “in solitaria”, semplicemente dando un esempio eroico e trascinante. Alla crescente complessità della vita sociale oggi, fa da contraltare un modello di vita individualistico-egoistico. La persona, attraverso la seduzione dei mezzi di comunicazione, è indirizzata alla realizzazione esclusiva di sé. In ciò sperimenta peraltro una crescente frustrazione, poiché alle promesse corrispondono sempre meno reali possibilità di realizzazione, e si ritrova sempre più fragile, perché vengono meno le esperienze forti, che formano un’identità solida e profonda. Le grandi figure dei santi rischiano di essere risucchiate nel vortice di questa mentalità, diventando grandi eroi, affascinanti ma irraggiungibili, circondati anch’essi di un’aura mediatica. Ecco dunque che nel nostro tempo c’è bisogno soprattutto di compagni di viaggio, di una comunità che sa stare, nel quotidiano, accanto agli uomini malati di individualismo, per far riscoprire la bellezza della comunione, in cui la persona può ritrovare se stessa. Nel contesto rispettoso della comunità, il ruolo di ciascuno diventa importante, e può avvenire la riscoperta della vera individualità, in dialogo con la chiamata di Dio. Egli ci crea come persone uniche e irripetibili, ma ci invita a scoprire e a vivere la nostra unicità all’interno della vera comunione. I grandi santi educatori lo avevano ben compreso: essi non si propongono mai come eroi solitari, ma sempre si associano discepoli e compagni, e agiscono nel contesto di una comunità.
 
Pur nella differente prospettiva delle narrazioni dell’ascensione che ascoltiamo nella liturgia della festa (quella degli Atti, e la conclusione del vangelo di Marco), la dimensione comunitaria emerge chiaramente: il Risorto affida al gruppo dei discepoli la missione, perché sia condotta “nell’unità dello Spirito”. La lettera agli Efesini ci conduce nella profondità di questo mistero: chiamati ad essere “un solo corpo e un solo spirito”, riceviamo ciascuno una grazia particolare, “secondo la misura del dono di Cristo”, con cui possiamo contribuire alla crescita di tutti.