Perché la liturgia diventi risorsa educativa
(Settimana n. 43/2013, EDB Bologna)
Giuseppe Falanga
«A cinquantanni dalla Sacrosanctum concilium la liturgia è da considerare una forma insostituibile di educazione e iniziazione alla fede». Questaffermazione ci sembra ben riassumere lintenzione e i contenuti della Giornata di studio che si è svolta alla Domus Pacis di Roma il 14 novembre.
Rivolta soprattutto ai direttori degli uffici liturgici diocesani e ai membri della Consulta, essa si proponeva di far memoria del 50° della Sacrosanctum concilium e del 40° dellUfficio liturgico nazionale e di offrire stimoli per rilanciare, orientare e sostenere la prassi celebrativa e la pastorale liturgica nelle Chiese particolari. La liturgia, infatti, resta una grandissima risorsa educativa, perché esprime sia la priorità e lassolutezza del nostro rapporto con Dio, che cerca la relazione con gli uomini, sia laltrettanto forte esigenza di una relazione profonda e sincera tra gli uomini, sotto forma di comunione e di dono reciproco.
Dopo il saluto di mons. Crociata, è intervenuto il vescovo di Casale Monferrato e presidente della Commissione episcopale per la liturgia, Alceste Catella, il quale, rileggendo la situazione di questi anni, ha affermato che «forse ci si è impegnati troppo nel come celebrare e assai poco a riflettere e a trasmettere il perché celebrare». Si intende di riti «soltanto colui che sempre e da capo si stupisce e si interroga a proposito di essi; o meglio, sempre e da capo si interroga a proposito di Colui verso il quale i riti hanno il compito di rivolgere lanimo umano», ha evidenziato mons. Catella che, da fine settembre, è anche il nuovo presidente del Cal.
Intervallati dal dibattito vivace e fecondo dei presenti, hanno offerto il loro contributo sr. Antonella Meneghetti, dellAuxilium, che ha ripercorso la tematica liturgica nei piani pastorali decennali della Cei; don Angelo Lameri, docente alla Lateranense, che ha ricordato i 40 anni dallistituzione dellUfficio liturgico nazionale; don Fabio Trudu, della Facoltà teologica di Cagliari, che si è interrogato sul futuro della riforma liturgica in Italia.
Dal passato al futuro
La Sacrosanctum concilium, promulgata con una votazione plebiscitaria il 4 dicembre 1963, al termine della seconda sessione del Vaticano II, ha rappresentato un evento storico dimportanza eccezionale, non solo perché per la prima volta unassise ecumenica sinteressava della liturgia nella sua globalità dei contenuti biblico-teologici e celebrativi, ma anche nei suoi risvolti e aspetti pastorali, avviando una riforma generale della stessa.
Il documento era il coronamento di un cinquantennio di lavoro da parte di quel movimento liturgico che, pur avendo radici lontane (basti ricordare le voci e gli scritti di Muratori e di Rosmini), aveva preso le mosse dal motu proprio di Pio X Tra le sollecitudini, del 4 dicembre 1903. È a partire da esso che si è sviluppato un intenso fiorire di studi e di ricerche a carattere storico-teologico e di iniziative pastorali per restituire la liturgia al popolo e il popolo alla liturgia, fino ad arrivare alla costituzione liturgica, che fornì in nuce le fondamentali idee orientatrici in campo ecclesiologico, ecumenico e missionario, al punto da essere considerata un abbozzo di tutto il magistero conciliare, anzi il suo cuore.
Segnaliamo qui soltanto alcune istanze prioritarie che emergono dallattuale situazione socio-culturale e pastorale, tralasciando il tentativo di un bilancio sul cammino fatto in questi 50 anni, tracciato, del resto, da significativi documenti magisteriali (cf. le lettere apostoliche Vicesimus quintus annus e Spiritus et Sponsa di Giovanni Paolo II e la nota pastorale Cei Il rinnovamento liturgico in Italia). Preferiamo indicare gli obiettivi che ci si aprono davanti e li raccogliamo intorno a tre punti principali.
1. Listanza primaria e fondamentale attiene alla rivisitazione e al costante approfondimento dei contenuti biblico-teologici del mistero liturgico e, quindi, del suo genuino spirito. Si tratta di un impegno prioritario, dal quale non si può prescindere e che non può darsi per scontato, che investe soprattutto la formazione nei seminari e quella dei pastori. È soprattutto lunica strada per superare le tentazioni di tornare a vecchi formalismi o di avventurarsi alla ricerca ingenua dello spettacolare.