UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Per l'Anno della fede: la gioia del credere

La gioia dell’unione con Dio La fede rende possibile una unione profonda con Dio. Se gli lasciamo spazio, la sua presenza non ci abbandona: per questo può illuminare anche le situazioni più tragiche e dolorose. Maria, madre di Dio, madre della Chiesa, è l’esempio più grande di colei che trova la sua gioia nel “custodire nel […]
13 Novembre 2012
La gioia dell’unione con Dio
 
La fede rende possibile una unione profonda con Dio. Se gli lasciamo spazio, la sua presenza non ci abbandona: per questo può illuminare anche le situazioni più tragiche e dolorose. Maria, madre di Dio, madre della Chiesa, è l’esempio più grande di colei che trova la sua gioia nel “custodire nel cuore” le grandi opere di Dio.
 
 
Catechismo della Chiesa Cattolica
 
[964] Il ruolo di Maria verso la Chiesa è inseparabile dalla sua unione a Cristo e da essa direttamente deriva. «Questa unione della Madre col Figlio nell’opera della Redenzione si manifesta dal momento della concezione verginale di Cristo fino alla morte di lui». Essa viene particolarmente manifestata nell’ora della sua Passione:
La beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede e ha conservato fedelmente la sua unione col Figlio fino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette ritta, soffrì profondamente col suo Figlio unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata; e finalmente dallo stesso Gesù Cristo morente in croce fu data come madre al discepolo con queste parole: «Donna, ecco il tuo figlio» (Gv 19,26).
[965] Dopo l’Ascensione del suo Figlio, Maria «con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa». Riunita con gli Apostoli e alcune donne, «anche Maria implorava con le sue preghiere il dono dello Spirito, che l’aveva già presa sotto la sua ombra nell’Annunciazione.
 
 
Buone notizie e cattive notizie
 
Forse non ci facciamo più neanche caso: ma una brutta notizia è come un sottofondo negativo che abbraccia tutta la giornata, che rovina tutta l’esistenza. La preoccupazione è come un tarlo, che si insinua in ogni attività, che rischia di rovinare ogni gioia. Se ne rende conto la madre, a cui viene annunciato che la figlia sta male e che dovrà essere operata. Nulla di grave, un intervento di routine. Non c’è da preoccuparsi: fino al giorno dell’intervento non avrà particolari esigenze pratiche.
Esteriormente, dunque, nulla cambia, né nei programmi, né la routine quotidiana. Ma la preoccupazione rode, da dentro.
Anche una buona notizia ha un effetto importante, con una piccola differenza: è più fragile e delicata. Il giorno dell’operazione, dopo ore di attesa, finalmente giunge il responso: tutto è andato per il meglio. Due mesi di convalescenza e la figlia tornerà alla sua famiglia, al marito, ai figli, e all’abbraccio della sua madre. Saranno due mesi difficili: cambio di abitudini, sconvolgimento dei programmi, tutti i giorni su e giù dalla palestra di riabilitazione. Ma la speranza della piena guarigione sostiene facilmente tutte le fatiche. Un bombardamento quotidiano
Ora, in realtà siamo tutti bombardati, quotidianamente, da cattive notizie che provengono da tutto il mondo. Corriamo inoltre il rischio di essere corrosi dalle preoccupazioni che agitano la nostra vita; intanto, la Buona Notizia che abbiamo ricevuto, la grande gioia del Natale, del Figlio di Dio che è venuto a condividere le gioie e i dolori della nostra vita, e che vuole crescere in noi, questa grande notizia, che ha il potere di ristorare e salvare, rimane inoperosa, come un seme addormentato, non irrigato.
 
 
L’unione con Dio
 
Il vangelo ci testimonia che “Maria custodiva tutte queste cose nel suo cuore”: la sua vita è completamente e permanentemente trasformata dall’evento di salvezza che essa ha accolto, dalla grande e buona notizia che Dio si è davvero unito, legato a noi per sempre, in maniera irrevocabile. Come Maria, tutta la Chiesa è chiamata a vivere della stessa comunione profonda. Come Maria, con la sua intercessione, tutta la Chiesa è chiamata a testimoniare, invocare e condividere il legame con Dio in ogni situazione, a favore di ogni persona che sia disponibile ad accoglierlo.
 
 
La dimensione liturgica
 
Gli Atti degli Apostoli mostrano Maria strettamente unita alla prima comunità cristiana, in attesa e in invocazione del dono dello Spirito. In passato, e ancora oggi presso alcune persone e gruppi, si è privilegiato un legame più devozionale, intimistico, quasi privato con il divino. Il Concilio Vaticano II ha definitivamente sancito l’importanza della liturgia, come momento in cui si realizza l’autentica comunione, non solo per un desiderio o per opera nostra, ma per opera di Dio stesso. La liturgia permette di andare oltre un’esperienza puramente emozionale, oltre le preferenze istintive, per mettere a contatto con la totalità del mistero di Dio.
 
 
Trasfigurati dall’unione con Dio
 
Chi è unito a Dio nella preghiera, nell’ascolto costante della Parola, nella frequentazione assidua dell’assemblea liturgica, può vedere trasformati alcuni aspetti della sua esistenza, talvolta in maniera del tutto sorprendente, come testimonia la vita dei santi. Cambia innanzitutto il sottofondo di base dell’esistenza: non più solo pessimismo, catastrofismo, ossessiva e sospetta menzione del male: anche il male (che indubbiamente è presente nel mondo) è trasfigurato dalla buona notizia della croce e risurrezione di Cristo.
Si trasforma l’atteggiamento verso le persone: diventa possibile vedere gli altri come fratelli e sorelle. Cambia anche la percezione dei propri difetti e delle proprie fragilità: perché a contatto con l’amore di Dio scopriamo di essere accolti da lui così come siamo, prima ancora di poter cambiare. Cambia così anche la percezione dei difetti degli altri: anch’essi sono amati da Dio, in attesa di essere trasfigurati dalla sua grazia. Emergono nuove possibilità nelle scelte di vita: non più ispirate alla propria autorealizzazione egoistica, ma dettate dalla forza dello Spirito. L’unione con Dio rende infine più forti di fronte alle prove della vita: perché anche nelle circostanze più difficili può emergere la forza risanante della risurrezione di Cristo.